E’ settembre. Un settembre caldo e afoso. Inconsueto, dopo un estate già calda e senza pioggia. Tutti stiamo aspettando la pioggia. Dopo l’ennesima visita guidata fra le polverose strade e monumeti cittadini, guardo le nuvole all’orizzonte verso i Monti Pisani. C’è un pò di brezza. Vado! Prendo la bicicletta e vado in campagna a cercare qualcosa di nuovo e di …fresco. Cosa c’è di nuovo per una guida turistica che conosce il teritorio? C’è molto di nuovo, basta cercare. E pedalando mi avvio verso una zona che amo particolarmente. Mi riferisco all’acquedotto ottocentesco detto del Nottolini, colui che lo progettò e lo edificò negli anni 30 dell’ottocento, portando acqua salubre alla città.
E’ un percorso, noto ai locali, proprio per il suo fascino. Si tratta di uno stretto stradello sterrato che collega la città ai Monti Pisani, passando sotto le arcate in mattoni dell’acquedotto. Le strade asfaltate sono tagliate fuori, e in un minuto si incontrano i campi aperti della piana lucchese. Finalmente respiro! Dopo una costante e piacevole pedalata, incontrando cascinali, campi, canali, recinti, sbuco sulla via di sottomonte e dopo pochi minuti ho passato Guamo. Nel frattempo mi sono fermato a dissetarmi in una fonte dove la gente fa la fila per riempire bottiglie e taniche di quell’acqua fresca e incredibilmente buona per un ciclista assetato come me. Sulla sinistra riconosco la strada che porta verso la torre San Donnini.
Volto, e in pochi minuti mi trovo solo, contornato da una vasta distesa di campi arati e canali di irrigazione. Non passa una macchina e all’orizzonte si stagliano le Apuane e gli Appenini. Nel mezzo della strada che corre diritta in senso verticale tagliando i campi, c’è la torre cinquecentesca San Donnini. Credo fosse una torre di guardia cinquecentesca in mezzo alle paludi, messa li a controllare territori dove spesso strabordavano nel ‘500, incursioni di soldataglie fiorentine in cerca di facili razzie alle porte di Lucca. Sulla sinistra scorgo in lontananza sui campi riarsi, un gregge di pecore che pascolano nei pressi di un casolare abbandonato. Ci voglio andare. Percorro uno stradello sterrato che costeggia un canale e dopo cinque minuti di pedalata, scorgo un corpo umano disteso a terra. Nessuno si preoccupi, era il pastore che dormiva placidamente disteso sull’erba. Si sveglia di soprassalto e mi dice: “Vedi, anche loro sentono il fresco. Si sono mosse prima oggi, dopo che le ho ben tosate; e guarda, ancora sono li che se la godono nel campo”. Ma dove mi trovo? A Lucca ? Da quanto era che non vedevo un gregge da queste parti? Ma sono nel 2008, oppure in un paesaggio arcadico dipinto dal Guercino? Et in arcadia ego. “Scusi ma dove le tiene le pecore ?” Chiesi al pastore. ” Là oltre quelle siepi” ” Ma dove si va oltre quelle siepi e quegli alberi?” “Si torna all’acquedotto!” mi dice sorridendo. “Grazie!” gli rispondo contraccambiando il sorriso. Pedalando sullo sterrato mi dirigo verso la vegetazione. D’incanto mi appare un edificio semi diroccato circondato da stupefacenti platani secolari. Lì per lì non capisco da dove si possa passare, ma poco oltre scorgo un ponticello e un arco a mò di porta oltre il quale ci si inoltra in altri stradelli sterrati in mezzo a campi di mais. Mai visto uno spettacolo simile. Dopo un pò incontro fattorie con mucche, animali da cortile e …. mandolati carichi di fieno per le bestie. Alla vista di tutto ciò mi sono emozionato quasi alla commozione. Ma da quanto è che non vedevo da queste parti un fienile che non fosse stato trasformato in un rustico bifamiliare?
Stupendo! Dopo poco raggiungo la strada asfaltata e tutto torna come prima. Ma credetemi questa breve escursione ha funzionato più di cento ricariche energetiche. Ve la consiglio.
Un saluto.
G.
Proprio vero, quella zona è un angolo poetico di lucchesia ancora vergine… Nelle mie frequenti biciclettate nell’ager lucensis imbattendomi in quella torre abbandonata che divide in due la stradina che mi pare si chiami via della Spada, mi sono sempre chiesto che cosa fosse e apprendo solo ora, grazie al tuo post, che si tratta di una torre di guardia cinquecentesca.
Mi sorge spontanea una riflessione: ho l’impressione che i libri, l’erudizione non siano sufficienti a fare di un uomo una guida turistica, ma che occorra un quid pluris, un legame anche storico, biografico con la terra che spieghi ai tuoi visitatori e l’amore per quel territorio che si sente nelle tue parole.
A questo proposito ti do un suggerimento -se ti aggraderà seguirlo- per il prossimo topic: ho letto dell’intervento della Gelmini, Minitsra dell’Istruzione (per inciso Istruzione tout court, da qualche anno l’aggettivo “pubblica” che ancora campeggia sul mio diploma del Liceo del ‘99 si è perso inspiegabilmente per strada) che pare abbia proposto per gli insegnanti in esubero la “conversione” in guide turistiche… Se ho ben capito, a prescindere dai colori politici dei governi che si sono succeduti alla guida del paese negli ultimi anni, dai tempi del Decreto Bersani, mi pare che ci sia una generale sottovalutazione della vostra professione. Un commento?
Anzi tutto ti ringrazio per i gentili commenti che rivolgi spesso nei miei confronti. Per quanto riguarda il discorso delle guide turistiche e della Gelmini, ormai non so più che dire e non so più che fare. Nel senso che mi sono fatto l’idea che forse più ci saranno meglio sarà. sarà forse il momento che molti di questi “scarti” del sistema scolastico si renderanno conto che fare una guida non è uno scherzo ma una scelta di vita ed un lavoro vero se fatto con serietà e amore. Nel mercato libero emerge il migliore, il peggiore o si accontenta o cambia strada.
Fare la guida turistica è un working in progres, non sei mai sazio di sapere e scoprire.
Grazie ancora del tuo commento. Ci sentiamo presto.
G.